Chi è il Caregiver FamiliareIl Caregiver Familiare è la persona (generalmente partner, genitore, figlio/a) che presta assistenza continuativa a un proprio caro in condizioni di parziale o totale non autosufficienza, sia per malattie fisiche che mentali, sia esso un bambino, un adulto o un anziano.
Le forme di assistenzaMentre per alcuni è possibile conciliare accudimento e lavoro (seppur con riduzione di orario e notevoli disagi), molti altri Caregivers Familiari si trovano a dare sostegno anche 15/20 ore al giorno, con compiti spesso legati alla stessa sopravvivenza del malato che, per esempio, non è in grado di alimentarsi o che mette in atto comportamenti autolesivi. L'assistenza domiciliare non è soltanto di tipo fisico (igiene, alimentazione, medicazioni, mobilizzazione), ma anche di tipo organizzativo (visite specialistiche, terapie, adempimenti burocratici) e di carattere emotivo (dare conforto, ideare attività di svago).
Il peso della responsabilitàSostenendo il peso della totale responsabilità della persona amata, il Caregiver Familiare vive in un continuo stato di stress psicofisico e si trova a poter sperimentare ansia, dolore, rabbia, impotenza e disperazione, senso di ingiustizia o di colpa, solitudine e vuoto; non di rado avverte di essere inascoltato o incompreso da chi potrebbe/dovrebbe fornirgli aiuto, come gli altri membri della famiglia o le istituzioni.
Il Caregiver è quasi sempre consapevole che il proprio benessere fisico e psicologico è di fondamentale importanza per il benessere della persona che sta accudendo, eppure si sente costretto dalle circostanze a mettere in secondo piano le proprie esigenze di salute e di tempo da dedicare a se stesso. Il rischio, soprattutto se l'esperienza di caregiving si protrae per molti anni, è un lento logorio che complica la quotidianità dell'accudimento e debilita il corpo. Una nuova identità socialeIl più delle volte, la richiesta d'aiuto non viene esplicitata perché manca una piena consapevolezza del proprio nuovo ruolo: un passo fondamentale da compiere quando si assiste in maniera continuativa un proprio caro è quello verso la presa di coscienza che non si è più soltanto "moglie, marito, figlio" del malato, ma si assume un'identità immensamente più complessa a cui, appunto, è stato dato il nome di "Caregiver Familiare".
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Seppur non ancora tutelati a livello legislativo (ma qualcosa si sta già muovendo in tal senso), i Caregivers Familiari hanno una grande rilevanza sociale perché è proprio dentro le mura domestiche che viene assistita la maggioranza delle persone non autosufficienti. Il benessere economico e i progressi della medicina hanno portato a un allungamento della vita media sia delle persone anziane sia di coloro che, a ogni età, soffrono di gravi patologie; allo stesso tempo è sempre maggiore l'incidenza di severe malattie mentali, come la depressione grave o il disturbo bipolare. Questo implica che anche i Caregivers Familiari sono in notevole aumento e hanno il diritto di riprogettare il proprio ruolo, sia all'interno della famiglia, sia nella comunità cui appartengono. Si tratta di comprendere che non si è più soli ma si fa parte di un nuovo sistema sociale, dove è possibile intervenire attivamente sulla situazione per non esserne travolti.
Da solo, l'amore non bastaL'amore verso chi si assiste è forse il motore più potente della cura, ma da solo non basta a fornire tutte le energie necessarie per andare avanti. Dunque, chi si prende cura dei Caregiver Familiari? Soprattutto per coloro che non hanno la possibilità di essere aiutati da parenti o amici, sono di fondamentale importanza le associazioni territoriali, spesso create da persone che hanno vissuto esperienze di malattia fisica o mentale di un proprio congiunto (Alzheimer, Parkinson, cancro, disturbo bipolare, depressione grave, etc.) e che quindi possono comprendere appieno necessità e dolori del Caregiver e del malato.
Le emozioni nella curaLa malattia arriva spesso all'improvviso e coglie impreparati. Sentimenti di nostalgia e rimpianto del passato, o di un futuro sperato, si alternano a emozioni di lacerante tristezza per il presente e di paura per il domani.
In tempi più o meno brevi, a seconda dei casi, il Caregiver Familiare si trova costretto a riprogrammare la quotidianità, arrivando anche a dover abbandonare il lavoro; le sue esperienze di vita si ristringono in relazione al ruolo di cura. Spesso affronta l'inizio dell'accudimento in totale smarrimento, spaventato per la mancanza di quelle competenze che in molti casi sono essenziali, come fare l'igiene, affrontare problematiche di deglutizione o mobilizzare. Nonostante tutto, sopporta tenacemente sacrifici personali e tempeste emotive, nella certezza (o a volte flebile speranza) che la sua presenza continuativa e le sue cure premurose sono di conforto al suo caro. |
Dopo un primo periodo durante il quale parenti e amici partecipano alla situazione, la loro presenza viene lentamente meno, o per impegni lavorativi e personali che tornano a prendere il sopravvento, o perché avvertono l'incapacità di poter offrire conforto; altre volte è lo stesso Caregiver ad allontanarsi da tutti, per il timore che la sua tristezza possa essere di peso agli altri e/o perché non vuole essere oggetto di pietà o di falsa empatia. Il senso di solitudine e la rabbia aumentano.
Con il passare dei mesi e degli anni, può sopraggiungere il senso di colpa legato al trascurare gli altri membri della famiglia, basti pensare alle mamme che accudiscono un figlio colpito da grave patologia e che conseguentemente hanno poco tempo da dedicare agli altri figli. Arriva poi l'angoscia per ciò che potrebbe accadere qualora le proprie forze, quelle da cui dipendono il benessere o la vita di chi si assiste, un giorno dovessero venire meno. Amore e compassione sostengono la cura, eppure momenti di sconforto possono prendere il sopravvento. Infatti rabbia e frustrazione si manifestano anche quando l'accudimento non è vissuto come un dovere ma piuttosto come la naturale e irrinunciabile espressione di affetto: non è raro che il Caregiver Familiare, dopo giornate di tensione trascorse nel tentativo di sedare crisi di dolore o di aggressività verbale, sperimenti il desiderio che tutto abbia fine al più presto. Conoscere, riconoscere ED elaborareUn quadro di tale complessità, qui solo accennato, evidenzia come sia opportuno per i Caregivers trovare un sostegno al proprio ruolo: associazioni o una rete di persone che affrontano o hanno affrontato percorsi affini di amore e cura, per condividere emozioni, confrontarsi sulle attività di assistenza e ricevere consigli (soprattutto pratici), su come gestire al meglio per entrambi la quotidianità fatta di supporto emotivo, medicazioni, terapie, igiene, imprevisti, etc.. Conoscere appieno la malattia e il suo evolversi permette di imparare strategie e manovre di accudimento che accrescono la sicurezza nella cura e alleviano l'ansia; riconoscere ed elaborare i propri vissuti di paura, rabbia, senso di colpa, depressione e i loro correlati fisiologici (ad es. spossatezza, mal di testa, insonnia o perdita di appetito) porta a un miglioramento della propria qualità di vita. A vantaggio anche del benessere della persona cara.
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▪ stress
▪ ansia ▪ attacchi di panico ▪ depressione ▪ impotenza ▪ isolamento sociale |
▪ senso di colpa
▪ spossatezza ▪ stanchezza cronica ▪ cefalea ▪ insonnia ▪ perdita di appetito ▪ difficoltà di concentrazione |
▪ irritabilità
▪ rabbia ▪ frustrazione ▪ deterioramento dei rapporti familiari ed extra ▪ scarso rendimento lavorativo |
"La solitudine o ci fa ritrovare o ci fa perdere noi stessi"